Tensioni e conflitti: l’America inquieta ai comizi di Trump

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Trump a Radford, Virginia

Era chiaro  che c’erano dei disturbatori.

Sarà l’abitudine a documentare l’imprevisto ma si sentiva da subito che l’atmosfera era satura.

Un sibilo e poi uno dopo l’altra si sono scatenati.  Le urla, il boato. Trump che tuonava  dal podio e l’intervento  della  polizia che scortava i dimostranti fuori dal comizio mentre lo stadio ruggiva.

Da quella mattina tre settimane fa nell’università di Radford in Virginia la tensione nei comizi di Trump è aumentata; le aggressioni si sono moltiplicate ma la gente non incalza e accorre numerosa ai suoi rallies.

Erano cinquant’anni che il dibattito politico americano non si accendeva così e che sui giornali non comparivano foto di risse che evocano il ’68.

Cinquanta anni dopo i riot nelle università ritorna il conflitto.

Più aspro, amaro e profondo di allora. C’è voluto troppo poco per riaccenderlo: segno che, anziché placato, si era solo sopito pronto a risvegliarsi in un momento.

In fila

IMG_2298Sono arrivati a migliaia da ogni parte della Virginia  per ascoltare il loro Paladino.

Ragazzi in festa  alla  vigilia del super Tuesday elettorale. Sono lì per catturare l’ultimo discorso di Donald Trump prima del voto.

Nel cuore della Virginia evangelica alla Radford Univerisity, Trump dispensa speranze e  ad una generazione che non ha mai votato prima.

Disciplinati ed emozionati sul volto l’entusiasmo di chi è consapevole di una grande sfida – Trump li esalta e promette loro il riscatto di una America migliore “Alzate la  mano se non avete un lavoro” gli  urla. Sono decine ad obbedire. “Quanto talento buttato” esclama.

La palestra di Radford ha spazio limitato: di giovani in fila ad attendere ne  rimangono fuori a migliaia proprio come nell’America di oggi.