Tensioni e conflitti: l’America inquieta ai comizi di Trump

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Trump a Radford, Virginia

Era chiaro  che c’erano dei disturbatori.

Sarà l’abitudine a documentare l’imprevisto ma si sentiva da subito che l’atmosfera era satura.

Un sibilo e poi uno dopo l’altra si sono scatenati.  Le urla, il boato. Trump che tuonava  dal podio e l’intervento  della  polizia che scortava i dimostranti fuori dal comizio mentre lo stadio ruggiva.

Da quella mattina tre settimane fa nell’università di Radford in Virginia la tensione nei comizi di Trump è aumentata; le aggressioni si sono moltiplicate ma la gente non incalza e accorre numerosa ai suoi rallies.

Erano cinquant’anni che il dibattito politico americano non si accendeva così e che sui giornali non comparivano foto di risse che evocano il ’68.

Cinquanta anni dopo i riot nelle università ritorna il conflitto.

Più aspro, amaro e profondo di allora. C’è voluto troppo poco per riaccenderlo: segno che, anziché placato, si era solo sopito pronto a risvegliarsi in un momento.

Elettori arrabbiati, nuova forza per la democrazia

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Elettori a Boston

Li chiamano elettori arrabbiati quasi con riprovazione.

Quando  si parla di loro molti si sorprendono che il rancore li conduca  dritti al seggio anziché tenerli imprigionati nell’oblio dell’assenteismo.

Mai come in queste elezioni Americane la frustrazione invece si converte in  voto  cambiando così le  regole della democrazia americana. Un rituale  spesso scontato, dove i candidati dei due schieramenti in genere si sono suddivisi una torta fatta di pochi elettori motivati.

L’esercito di uomini e donne rimasti troppo a lungo spettatori in una America urbana o rurale che sia, oggi  si tuffa nella politica.

Votando per Bernie Sanders come per Donald Trump si catapultano  al  centro di una  dinamica nuova per gli Stati Uniti. Una dinamica  nella quale il voto non consolida solo gradimento ma manifesta anche disappunto.

Elettori arrabbiati? Magari.  Abbandonati dalle istituzioni? Forse. Delusi dai politici? Probabilmente.

In democrazia ci deve essere posto per tutti.

Mr. Obama’s Fan Club

 Non era mai successo prima d’ora. Quindici milioni di dollari raccolti per la  festa piu’ pubblicizzata dell’anno.  Una parata di celebrita’ sorridenti da Barbara Streisand a Robert Downey Junior, star potenti e danarose corse a sostenere Obama a casa del divo Clooney che oltre alla sua villa ha prestato il suo volto e la sua popolarita’  all’evento. Continua a leggere

Yes, I do

Dopo una inondazione di e-mail, avvisi, sollecitazioni, promesse, e la prospettiva finale di un sorteggio a pagamento per cenare con George Clooney, oggi ci siamo. Finalmente, il  piu’ grande fundraiser, festa di beneficienza che Hollywood abbia mai organizzato per Obama, paladino di una industria dello spettacolo opinionata, dichiaratamente progressista e talvolta spregiudicata. Tutto organizzato da Clooney che presta la sua casa e il suo volto alla campagna di Obama e raccogliera’ circa 12 milioni di dollari per il presidente. Continua a leggere

One Chance

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Nel marcare il primo  anniversario della morte di Bin Laden questo video, One Chance narrato da Bill Clinton, loda  il coraggio e il decisionismo di Obama nel perseguire il capo di Al Quaeda nella maniera piu’ rischiosa ma definitiva possibile. Poi, chiede esplicitamente se Mitt Romney avrebbe mai agito con tanto coraggio e determinazione e immediatamente la missione ad opera dei Navy Seals dell’anno scorso si declina in chiave elettorale, dividendo l’America.  Era circa quest’ora un anno fa quando le televisioni americane hanno interrotto i programmi e un comunicato  ha avvertito il pubblico che il Presidente avrebbe parlato presto alla nazione. Continua a leggere